Freedom House ha stilato un report sulle restrizioni relative agli usi di Internet su scala globale, con un occhio di riguardo verso le privazioni di alcune forme di libertà a esso collegate. Lo studio è stato reso possibile grazie a sovvenzioni governative americane, il ministero delle politiche estere olandese, ma anche grazie ai giganti della tecnologia: Google, Facebook, Yahoo e Twitter.
Freedom House si occupa da decenni di libertà di pensiero e di parola oltre che di diritti civili e politici. L’organizzazione – di tipo non governativo – ha ampliato la sua ricerca fino ad approdare alla Rete e allo stato in cui si trova Internet e – secondo le stime – la privazione della libertà sarebbe in crescita esponenziale, in controtendenza con lo scopo che ha dato vita a Internet stesso.
Nel 2013 è stata evidenziata una crescita in termini di sorveglianza, i governi hanno gestito forme di controllo che hanno portato ad arresti e repressione, nel corso del 2015 è stata mantenuta questa linea, in più si è assistito ad una spinta contro la crittografia dei siti.
Nel corso dell’ultimo anno, nel periodo che copre da giugno 2015 a maggio 2016 la pressione si è fatta sentire sui social media e gli strumenti di messaggistica. I governi di 24 nazioni hanno impedito l’accesso ad alcune piattaforme social e applicazioni di comunicazione, ben 15 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Citando il rapporto della Freedom House:
“Gli strumenti che sono stati regolarmente oggetto di restrizioni sono stati l’instant messaging e le piattaforme di chiamata, in particolare nel corso di periodi di proteste o di sicurezza nazionale. Esistono due condizioni particolari che portano alla repressione: ad esempio la crittografia di alcune applicazioni, come Telegram, che aiuta a proteggere gli utenti dalla sorveglianza governativa, e le app che sono gratuite oppure economiche, che traggono profitto dall’essere filo-governative“.
WhatsApp risulta essere l’app maggiormente bloccata, con 12 paesi che ne impediscono il servizio su 65 messi sotto esame. In Brasile, ad esempio, il servizio è stato bloccato temporaneamente a seguito di investigazioni da parte delle forze dell’ordine locali per episodi di criminalità.
La porzione di utenti di Internet su scala globale che hanno la possibilità di accedere alla Rete liberamente è scesa dal 24% al 31 % dello scorso anno. Il peggior declino nel corso degli ultimi 5 anni è stato registrato in Turchia, definita come nazione “non libera” a seguito di blocchi, restrizioni sui social, censura diffusa di siti web e account di Twitter, contromisure intraprese da un governo coinvolto in scandali, corruzione e attentati terroristici.
La portata del report, copre circa l’88% degli utenti che usano Internet su scala mondiale. E sono state prese in considerazione 65 nazioni delle quali ben 34 hanno evidenziato una riduzione significativa della libertà di utilizzo di Internet. Tra gli stati più severi: Uganda, Bangladesh, Cambogia, Ecuador e Libia.
Sono stati arrestati utenti di Facebook in 27 nazioni e questo tipo di episodi si stanno moltiplicando. Dallo scorso giugno, la polizia ha arrestato persone in ben 38 paesi per ciò che hanno condiviso o espresso via social media, mentre in 21 paesi ci sono stati arresti per contenuti postati via blog oppure siti web.
Alcuni utenti di alcune nazioni sono stati messi dietro alle sbarre per aver messo un like su materiale ritenuto arbitrariamente offensivo via Facebook. Le forme di offesa andavano dalla presa in giro rivolta al cagnolino del Re della Tailandia, alla presunta diffusione dell’ateismo in Arabia Saudita.
Le nazioni più libere e quelle più restrittive sono rimaste invariate nel corso degli anni, secondo Freedom House.
Estonia e Islanda si sono confermate nuovamente le nazioni più libere e sono seguite da Canada, USA, Germania, Australia, Giappone e UK. Gli Stati Uniti hanno fatto passi avanti grazie all’approvazione del Freedom Act che ha modificato le modalità di controllo, sorveglianza e raccolta di dati.
Il governo degli Stati Uniti ha, tuttavia, ha richiesto aiuto per la situazione di stallo con Apple, con riferimento particolare ai dati crittografati di un terrorista sul proprio iPhone. Una simile pressione si è fatta sentire anche nel corso di altre indagini che hanno visto coinvolte Francia e Germania in particolare a seguito degli attentati terroristici che tutti noi ben conosciamo.
Sia nei paesi democratici che in quelli più autoritari, le misure di antiterrorismo hanno sollevato il rischio di danni collaterali alla libertà di espressione, al diritto alla privacy oltre che alle operazioni di business.
I paesi che più hanno infierito sulla libertà dell’uso di Internet si sono confermati Cina, Siria, Iran, Etiopia, Uzbekistan e Cuba.
ARTICOLO APPARSO ORIGINARIAMENTE SU: https://www.digitalic.it/wp/mercato-2/freedom-house-la-mappa-di-internet-nel-mondo/100212